Scritture

Dunque... i buoni propositi sono andati un pò a farsi friggere ma ho comunque del materiale per voi, cari lettori!
Ecco qui di seguito un paio di raccontini da farvi leggere ;)


Le Mie Vacanze... con gli occhi del mio Gatto.

Finalmente il sole si è fatto più caldo; lo sento addosso come una carezza datami da una mano pesante.
Non mi piacciono le persone, le strade, il caos... preferisco rimanere a casa per riposare, osservare e gustare tutte le pietanze che preparano i miei familiari.
La persona che più mi piace osservare e seguire è una mia carissima parente: la sorella grande, l'unica che mi è rimasta.
Questa mattina presta è uscita col papà e con il suo fidanzato, un ragazzo alto alto, con folta peluria sulla testa e sotto al labbro inferiore. Non sembrava contenta ma mi ha salutato comunque con una carezza sulla testa e un sorriso.
Da quando è uscita ho passato il resto della giornata sdraiato sul suo letto da solo e quando mi sono svegliato lei mi era di nuovo vicino e mi passava le mani sulla peluria della testa. Aveva gli occhi rossi e gonfi come se avesse pianto e sull'avambraccio destro le si erano formati diversi lividi dai toni scuri che le arrivavano dalla piega del braccio al polso.
Stava parlando con il suo fidanzato e aveva la voce carica di rabbia: “ Quella troia!!! Mi ha inclinato l'ago prima di toglierlo dal braccio e mi ha rotto la vena.”
Sapevo quanto odiasse gli aghi... daltronde era una repulsione di famiglia. Quello che non capivo era come mai avesse avuto a che fare con gli aghi ed ero intenzionato a scoprirlo.
Le accarezzavo il braccio contuso mentre la sentivo parlare col fidanzato: “Mio padre e la sua mania di fare quelle cazzo di analisi ogni anno. Come se non bastasse ha anche dimenticato di richiedere quelle per la visita ginecologica e mi tocca di nuovo farmi infilare l'ago nel braccio... che palle!”
La mia sorellona si era già dimenticata di me, si prendeva le coccole del fidanzato e conquistava anche l'angolo di letto nel quale avevo dormito tutto il tempo in cui era stata fuori.
La lasciai fare senza oppormi, dopo tutto so riconoscere il malumore che le viene dopo aver incontrato un dottore per una visita.
Me ne andai sul balcone e mi sdraiai per buona parte del primo pomeriggio.
Mia sorella era troppo presa dalla presenza del suo ragazzo per giocare con me, la mamma dal suo lavoro come il papà e il mio fratello grande, da qualche giorno, aveva più interesse per la macchina ronzante dai molti colori che per me.
Credevo che sarebbe stata un'altra estate tranquilla e solitaria, invece, una sera, schiamazzi ad alto volume attirarono la mia attenzione. Mi alzai dal letto e andai in cucina per sedermi nell'unica sedia libera e lì mi misi ad ascoltare.
La mamma parlava con mia sorella e gesticolava come se fosse irritata: “ che scema che sei stata! Perché cazzo sei andata a dire alla Zia che hai il colesterolo alto?!” diceva.
Mentre la sorellona le rispondeva con vocetta acuta per via del principio di collera che sembrava stesse per prenderla:
“Tanto lo sarebbe venuta a sapere lo stesso, che differenza fa prima o dopo?”
La mamma lanciò il telefono senza fili sul tavolo e le rispose urlando:
“Perché ora rompe i coglioni a me!!!”
La battuta dopo mi sembrò terribilmente scontata ma sapevo anche esser veritiera:
“Perché a me non li rompe invece?”
Scrollai le spalle e la schiena e scesi dalla sedia, la discussione non era nuova; ogni volta che si diceva alla zia di un malessere, anche minimo, questa partiva in quinta e chiamava a casa tutti i giorni...
Tornai a sdraiarmi nel lettone e lasciai che il giorno morisse e con esso anche le discussioni provenienti dalla cucina.
I giorni a seguire mi piacquero molto, il sole era particolarmente caldo e la casa vuota.
Mamma, papà e il fratellone erano a lavorare quasi tutto il giorno, mia sorella ed il suo ragazzo uscivano qualche ora dopo pranzo per andare al mare così potevo avere la casa tutta per me.
La sera andavo in cerca di attenzione e le coccole arrivavano puntuali dalla sorellona e dal suo uomo, ma quasi mai mi permettevano di dormire con loro.
Lui le sussurrava: “se butti giù Tigre possiamo stare più vicini e più freschi...” e lei ubbidiva. Mi prendeva da sotto alla pancia e Hoplà! Per terra!
Fortunatamente la valigia del suo ragazzo era comoda.
Per un paio di giorni le discussioni riempirono la casa, mia sorella ce l'aveva a morte coi medici (di ogni tipo) e la mamma la sgridava, papà la sgridava perché diceva troppe parolacce e lei, ovviamente,ne sfornava alcune anche molto fantasiose così si finiva tutti a ridere per le cavolate che tirava fuori e si alleggeriva la tensione.
Ogni tanto passavo la giornata coi due ragazzi, stavamo tutti in cucina a disegnare, guardare la tv e, nel mio caso, dormire.
Ogni tanto mi interessavo ai loro discorsi ma ci capivo poco o niente, spesso parlavano di lavoro, dottori, qualcosa che si chiama “ginecologo” o giochi.
Mi piacciono i giochi, sono come la televisione ma sono più colorati e più rumorosi, quando mia sorella gioca mi piace starle sdraiato vicino e guardarla.
Una notte eravamo tutti e tre seduti sul letto, il suo ragazzo ha nascosto un piccolo oggetto rotondo e sottile in una scatola nera e mia sorella muoveva e pigiava i tasti di una specie di telecomando sformato per far muovere il personaggio colorato racchiuso nello schermo sopra di me.
Le ore passavano e la mia attenzione scemava, stava iniziando a venirmi sonno proprio quando mia sorella è scattata in piedi ed è corsa verso il bagno.
Quando è tornata era paonazza e chiedeva al suo ragazzo di chiamare papà perché voleva esser portata al Pronto Soccorso... credo sia un dottore da quello che ho capito.
Si è vestita da sola davanti a me, dandomi qualche coccola di tanto in tanto come per consolarmi. Intanto la mamma si era svegliata e la sentivo parlare con papà attraverso i muri che separavano la loro stanza da letto da quella della sorellona.
D'un tratto, proprio quando mai sorella e il suo ragazzo erano pronti ad uscire, l'ho vista correre di nuovo in bagno, la matriarca si era accorta della cosa e tentava di informarsi urlando: “ha vomitato?” ed il ragazzo col mento peloso le rispondeva di no con la testa.
Ma mia sorella non era dello stesso parere.
Un violento scroscio risuonò come un eco nel bagno, seguito dal fluire dall'acqua dello sciacquone e del lavandino.
Quando la rividi era diventata stranamente gialla ma mi sorrideva e si raccomandava di non imitarla rigettando i peli che ingoio quando mi lavo.
L'estate era ormai finita me ne accorsi in ritardo.
L'aria era poco più fredda la mattina presto ed i borsoni di mia sorella e del suo ragazzo erano di nuovo gonfi come quando erano arrivati; Due mattine dopo, infatti, mi accorsi che erano pronti per partire.
Le ciotole erano ricolme di cibo e di acqua fresca, e le attenzione per me erano triplicate.
Mi dicevano di fare il bravo, di non vomitare e di non fare pipì in giro; mia sorella mi teneva spesso in braccio continuando a ripetermi che le sarei mancato e mi chiedeva di vivere ancora un po', di aspettare il suo ritorno vivo.
“Hai campato 15 anni, ancora qualche mese per me potresti tenerlo da parte...”
Quando la porta si chiuse ero di nuovo solo, mi stiracchiai e sbadigliai, dopo di ché feci colazione con qualche boccone del pastone contenuto nella ciotola e me ne andai a dormire.
Sogno che qualcuno torni presto per farmi qualche coccola, ma quelle che desidero di più sono quelle di mia sorella.



La fiaba della Triste Canarina Libera
In un tempo lontano un giovane principe viveva in un regno grigio e privo di vegetazione assieme alla sua famiglia e alla sua amata. Egli era attanagliato dal pensiero di quale regalo avrebbe portato maggior gioia alla sua principessa per il suo ventesimo compleanno.
Lei era gentile e benvista da tutto il regno, il principe e i reali stravedevano per lei e, proprio per questo motivo sembrava che non le mancasse nulla.
Infine il principe decise d'invitarla a raggiungere i genitori per qualche giorno richiedendo loro di osservarla così che, al suo ritorno, avrebbero potuto riferirgli un dono che la fanciulla potesse desiderare.
I giorni trascorrevano e la principessa passava gran parte del suo tempo nei folti e fiorenti giardini del palazzo dei genitori, immersa nella natura e lasciandosi incantare dall'armonioso canto di uccellini di varia natura.
E proprio le piumate creaturine portarono un'idea alla madre della principessa.
Quando il principe raggiunse il palazzo dei genitori della sua sposa, la suocera gli chiese di poter conferire con lui in privato per qualche istante e, così da approfittarne per riferirgli che, a suo parere, la figlia avrebbe potuto trarre piacere dalla compagnia di un animaletto canterino da tenere nelle sue stanze, una volta tornata all'interno della dimora del principe, assai più tetra e austera.
Mancavano ormai poche ore all'alba del compleanno dell'amata principessa e il principe si era premunito del regalo scegliendolo lui stesso.
La principessa si svegliò e quando raggiunse la poltroncina ove aveva posto gli abiti da indossare per il nuovo giorno si accorse di un oggetto che non c'era la sera prima; colta dallo stupore si lasciò sfuggire un urletto che svegliò l'amato.
<Mia principessa, ti porgo i miei auguri e spero che il regalo che ho pensato per Voi possa portarvi Piacere>.
La fanciulla era commossa e prima di ogni cosa baciò il suo principe, solo in seguito scoprì la gabbia e potè bearsi della bellezza del suo regalo.
Il canarino sembrava addormentato e quando si trovò scoperto iniziò a cingottare un pò spaesato.
La canarina racchiusa nella gabbia d'argento aveva delle splendide ali dorate, una sottilissima collanina d'argento appesa al collo e uno spesso bracciale dello stesso pregiato metallo sigillato alla zampina sinistra; il petto e il musetto completamente bianchi e due occhietti neri e lucidi.
L'uccellino trovò il suo posto nella camera dei principi appeso nei pressi della finestra che dava sul piccolo balconcino dal lato ovest del castello, ove poteva godere della vista dei più bei tramonti dove i colori caldi si mescolavano a quelli freddi della notte nascente e dei monti lontani.
I primi giorni la principessa si occupava di persona delle cure della bestiola, cambiandole la gabbietta con una sempre pulita e assicurandosi che avesse sementi e acqua fresca giorno dopo giorno; sperando di sentirne il canto melodioso che contraddistingue tutti i canarini. Ma non otteneva che sporatici cingottii e lunghe occhiate silenziose.
Eran ormai passati più di tre mesi e l'uccellino continuava a trascorrere la sua vita silenizosa nella stanza personale dei due principi, proprio quando meno se lo aspettavano un canto iniziò a diffondersi per l'ala ovest del castello, trasportato dalla silenziosa aria del tramonto.
La principessa in quell'istante era immersa nell'acqua di un bagno caldo e rimase colpita del bel suono che quel canarino riusciva a creare.
Con l'aiuto delle domestiche uscì di corsa dalla vasca di rame decorata e raggiunse la creaturina ma, proprio in quell'istante, il bel cinguettare si mutò in un susseguirsi di strida di rabbia che sembravano non veler interrompersi mai.
Il principe raggiunse correndo la sua amata che, in preda al panico osservava la creaturina come impazzita senza riuscire a fare nulla; con un gesto fulmineo prese l'asciugamano che l'ancella della sua amata teneva ancora in mano e lo usò per coprire la gabbia d'argento.
In brevissimo tempo le strida si affievolirono mutandosi prima in cingotii sporadici sino a spegnersi del tutto.
Per quanto si sforzassero di capire cosa fosse successo alla creaturina nessuno riuscì a dare una spiegazione attendibile.
L'episodio si ripetè per diversi mesi e per questo la canarina viveva la stragrande maggioranza del suo tempo coperto con un drappo ricamato piuttosto che alla luce del sole.
Ma la primavera stava avanzando e i germogli sugli alberi lontani, là, sui monti, iniziavano a tingere di colori vivaci il paesaggio e l'orizzonte; la principessa non riusciva a pensare al suo animaletto rinchiuso in una bella gabbia e avvolto nel buio. Mossa dunque dal suo buon cuore si spinse a scoprire la gabbia ogni giorno e cercava di sopportare le crisi di strida con tutta la pazienza che riusciva ad avere e a richiedere alla sua corte.
Ormai la primavera era arrivata e nell'aria si respirava l'odore dei pollini trasportati dal vento, gli uccelli migratori iniziavano a popolare il regno dei due amanti e i loro richiami vivacizzavano il castello.
Per contro invece la canarina sembrava ancora più arrabbiata, come se non volesse nemmeno udire la gioia degli uccelleti al di fuori della gabbia iniziava a stridere ed agitarsi anche quando era coperto dal drappo.
Il principe era ormai giunto al limite e iniziò a parlare con la sua principessa della possibilità di liberarsi del bel canarino; La principessa, troppo magnanima e di buoncuore non se la sentiva e chiese all'amato ancora un pò di tempo sicura che tutto sarebbe andato per il meglio.
Nonostante questa decisione però, i due innamorati, presero l'abitudine di tenere la gabbia aperta e le finestre spalancate, sperando che la natura richiamasse a se la canarina e la liberasse dalla rabbia per la reclusione.
L'uccellino però non volava via, erroneamente i due principi credevano il suo astio provenisse dalla reclusione ma, invece, veniva proprio dalla solitudine nella quale era costretto a vivere.
Trascorsero ancora un paio di giorni e, una mattina, la canarina strepitava come suo solito ma, fortunatamente per i suoi padroni, una cornacchia che passava di là la interruppe e gli chiese come mai una creatura capace di creare cingotii tanto melodiosi si limitasse a strillare come se stessero spimandola viva.
<Sono sempre sola qui, non ho motivo per cantare se non la mia rabbia rivolta ai miei padroni>
La cornacchia rimase alcuni istanti ad osservare la creaturina e, alla fine, le propose un patto.
<Facciamo così: io vengo tutti i giorni alla tua finestra e ti tengo compagnia, tu in cambio canterai per me, ma se sentirò anche solo l'accenno di uno strillo di rabbia volerò via e non mi vedrai mai più.>
Il canarino accettò le condizioni dettate dalla cornacchia e, felice, iniziò a cantare per lui.
I mesi passavano e i due strinsero un'amicizia unica.
La cornacchia insegnava a cantare alla canarina e lei cantava per lui che non aveva la bella voce per farlo.
I due principi erano ormai felici e credendo che fosse a causa della gabbia aperta non la richiusero mai più.
Intanto la canarina aveva preso l'abitudine di svegliarsi e iniziare a cantare per richiamare la cornacchia, in attesa che lui le raccontasse delle sue avventure nel mondo esterno e le insegnasse nuove canzoni.
La felicità della corte durò poco purtroppo; difatti l'inverno seguente al primo anno in cui Cornacchia e Canarina si conobbero Lui si encommiatò per migrare altrove durante la stagione fredda.
La canarina lo aspettò con gioia, canticchiando giorno dopo giorno le canzoni che le aveva insegnato prima della sua partenza.
La principessa era tornata ad accudirla compiacendosi non solo della sua bellezza dorata ma anche dalla melodiosità dei suoi richiami; la gabbia era sempre aperta ma canarina non sembrava mai nemmeno tentare di uscirne.
La stagione calda tornò a ripresentarsi come l'anno prima.
L'aria tiepida trasportava l'odore dei fiori e le gemme degli alberi vivacizzavano il paesaggio lontano.
L'uccellina si aspettava di incontrare il suo amico da un momento all'altro così trascorreva tutto il suo tempo a zampettare sulla soglia della gambbietta aperta e cantando con quanto più fiato aveva in corpo. Regalando uno spettacolo simpatico e unico ai regali padroncini.
I giorni passavano e l'aria tiepida aveva lasciato lo spazio all'afa estiva, mitigata di tanto in tanto dai venti che soffiavan dai monti.
La canarina non riusciva più a cantare con l'energia dei mesi precedenti ma non riusciva comunque a darsi per vinta; anzi, aspettava ansiosa il ritorno dell'amico nonostante la tristezza che le attanagliava il cuoricino.
I ciangottii carichi di gioia avevano lasciato il posto alla tristrezza per la solitudine riaquisita ma i principi non si davan pena per la canarina, convinti che fosse un nuovo capriccio passeggero.
Era una splendida mattina d'estate, l'aria calda filtrava dalla finestra aperta come sottili dita intente ad esplorare la stanza dei reali; il profumo dei fiori e della terra impregnava ogni cosa e il regno verteva ancora nel silenzio.
Il sole iniziava a rischiarare il cielo da est, e percorreva la sua ascesa minuto dopo minuto; i primi uccellini ciangottavano i propri richiami del giorno con crescente energia ma nessun verso sembrava quello della cornacchia che attendeva con così tanta trepidazione la canarina.
Quel giorno la piccola canarina dal dorato piumaggio s'accorse che qualcosa era cambiato. Erano diversi giorni che sentiva chiaro nell'aria un canto allegro e melodioso, convintasi che la provenienza fosse dovuta a una coppia di amanti piumati passeggeri non se n'era mai curata.
Ma il canto persisteva giorno dopo giorno e quando l'uccellina si accorse che proveniva proprio nelle vicinanze del castello si decise ad uscire dalla gabbietta per raggiungere il bordo della finestra zampettando e sbirciare chi o cosa, realmente lo produceva.
Un bell'esemplare di pettirosso era poggiato su uno dei molti cornicioni del castello, a poca distanza dal suo nido e al suo fianco vi era comodamente appollaiata la cornacchia.
Lo sgomento fù tale che per poco la canarina non scivolò sulla dura pietra levigata della finestra.
Disperata e delusa corse a ranicchiarsi nuovamente nella gabbietta, appollaiata in alto tra i merli delle sbarre si nascondeva e sospirava tutta la sua amarezza per ciò che gli occhi le avevano rivelato.
Era stata abbandonata, rimpiazzata e dimenticata...
La canarina trascorse molti giorni nel silenzio, troppo presa a meditare sulla nuova tremenda scoperta e sentire la felicità della pettirossa cui ora Cornacchia aveva deciso di stare vicino e portare i suoi insegnamenti nel canto.
L'uccellina sapeva che ormai c'era poco da fare, che la Cornacchia non avrebbe mai volato nuovamente sul suo davanzale per raccontargli delle sue avventure e dei suoi viaggi; ma volle comunque fare un tentativo.
Attese di sentire il canto della Pettirossa prima di diffondere il suo con tanto più fiato avesse in corpo, cercò di narrare l'allegria e la tenerezza che il compagno le aveva trasmesso, la gratitudine nei suoi confronti e quell'offerta disperata di ritornare al suo fianco. Sperando soprattutto che lui la sentisse.
Con suo sommo stupore vide Cornacchia tornare al suo davanzale e il canto della pettirossa spegnersi.
Si salutarono calorosamente e l'uccellina pianse per la commozione; spesero molto tempo a parlare di ciò che hanno fatto durante il lungo periodo in cui non si sono visti ma Lui non sembrava volerle raccontare nulla della Pettirossa sino a che Canarina non gli chiese direttamente:
<Ho visto che hai trascorso del tempo con una bella pettirossa, ha delle uova nel suo nido e tu le hai insegnato a cantare come hai insegnato a me...>
Cornacchia la guardò con serenità e annuì
<é una mia amica, voleva imparare qualche bella ninna nanna da cantare ai suoi piccoli non appena romperanno il guscio; e alcune storie da raccontare loro quando diventeranno più grandi. Sono felice tu l'abbia sentita: ha imparato bene, non è vero?>
La canarina ascoltava con ammirazione, ai suoi occhi la Cornacchia agiva sempre per portare del bene a chi ne avesse bisogno e quell'azione era colma di tenerazza.
<Oh, sì! Ha una bellissima voce. Ora che ha imparato tornerai a dare lezioni a me, cara Cornacchia?>
Lui acconsentì con un sorriso e gli promise di tornare domani mattina presto per aiutarla a cantare e a controllare la rabbia per la solutidune che la faceva tanto soffrire.
Nuovamente sola si dedicò ad alcune prove di canto, felicissima di poter incontrare nuovamente l'amico il giorno seguente.
La principessa intanto era rientrata nelle sue stanze e si complimentava con la sua amichetta piumata e le chiese di non stancarsi troppo, premurosa come sempre.
Il buio scivolava sui monti e sul regno del principe come un velo nero che ricopriva ogni cosa e soffocava ogni colore tranne le luci delle fiaccole e delle candele che iniziavano ad accendersi nelle vie e nelle case.
La notte aveva sempre portato un pò di ansia alla canarina ma ormai aveva imparato che ad ogni notte era pronto a susseguirsi un nuovo giorno sempre più avvincente e luminoso soprattutto grazie alla compagnia del suo fidato amico Cornacchia.
Dopo una notte quasi insonne la canarina osservò l'alba pronta ad ascoltare ogni richiamo con la speranza di sentire quello della cornacchia che ne annunciava la venuta. In effetti riuscì a distinguerne la voce tra il vario chiacchiericcio mattutino ma quando si aspettava di vederne la figura varcare la soglia della finestra rimase molto delusa: non c'era.
Con un sospiro si rassegnò a dover aspettare ma la voce della pettirossa trillò nell'aria quasi fosse una campana.
La canarina si arrischiò nuovamente sul ciglio della finestra e trattenne il respiro mentre si sporgeva per vedere ciò che succedeva nei perssi del nido della Pettirossa. Cornacchia era nuovamente con Lei e sembravano divertirsi parlottando e canticchiando motivetti l'uno per l'altra.
Con una delusione e una tristezza profonda la canarina diede le spalle ai due e osservò la stanza dei reali padroni, agghindata e affollata da molti monili ma così silenziosa e solitaria.
La Canarina realizzò che non avrebbe più avuto al suo fianco la Cornacchia, che ormai era stata realmente rimpiazzata, oscurata e dimenticata.
Il sole si stava alzando nel cielo e i raggi caldi le coccolarono le piume dorate che scintillarono a causa della luce riflessa; si volse a guardare l'astro diurno e con un sospirò aprì le ali e si gettò nel vuoto.
I padroni le avevano insegnato ad esser bella, lei aveva imparato a esprimere la propria rabbia, la cornacchia ad essere felice e a cantare.... ma nessuno le aveva insegnato a volare.


Quando ho un pò di tempo vi prometto che posto anche le immagini relative alla seconda storia; per ora spero possa piacervi il testo :)
A presto!

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